Ambiente

Agrifood 4.0: le tecnologie ci sono ma il mercato non decolla

Agrifood 4.0: le tecnologie ci sono ma il mercato non decolla

PUBBLICATI I RISULTATI DELLO STUDIO DELL’OSSERVATORIO AGRI SMART FOOD SUL MERCATO DELLE TECNOLOGIE 4.0 IN AGRICOLTURA

Di evoluzione tecnologica in agricoltura se ne parla da molto tempo. Ora, però, siamo entrati in una nuova fase che sta trasformando il concetto stesso di "agricoltura di precisione", coniato negli anni '90, verso le nuove tecnologie di ultima generazione come i sistemi IoT, Big Data Analytics, droni, robot e sistemi per la connessione degli attrezzi.

Tecnologie con cui è possibile acquisire e gestire un maggior numero di informazioni, in maniera più tempestiva e mirata, permettendo di automatizzare attività produttive altrimenti non collegate ed integrate. In alcuni casi, i più "virtuosi", di gestire meglio anche l'intera filiera, riducendo i costi e la burocrazia di coordinamento e migliorando qualità e tracciabilità dei prodotti.

E' questo il mondo dell'agricoltura interconnessa, definita Internet of Farming che, sommata all'agricoltura di precisione, costituisce il paradigma dell'Agricoltura 4.0. Un mercato che in Italia è molto dinamico in termini di offerta, mentre lo è meno in termini di domanda se si considera che oggi vale 100 milioni di euro, cioè il 2,5% di quello globale (3,5 miliardi di euro). E che la diffusione di tecnologie, sistemi avanzati e cognitivi non supera l'1% della superficie coltivata complessiva del nostro Paese.

Sono solo alcuni dati che emergono dai risultati dell'ultima ricerca dell'Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise dell'Università di Brescia. In Italia, operano circa 1,3 milioni di imprese (pari al 25% delle aziende attive iscritte nel Registro imprese delle Camere di Commercio), che danno lavoro a oltre 3,2 milioni di persone (pari al 13% dell'occupazione nazionale) e che generano un valore complessivo di circa 300 miliardi di euro, pari al 11,3% del Pil, Valore così distribuito: produzione 55 miliardi, trasformazione 132 miliardi, distribuzione 115 miliardi e consumo finale 231 miliardi).

Nel complesso, si tratta però di imprese agricole di piccole dimensioni che in media gestiscono una superficie coltivata di 12 ettari contro i 58 della Francia, i 130 della Repubblica Ceca, i 178 degli Usa e i 202 del Brasile. Aziende, buona parte delle quali familiari, che spesso diffidano delle tecnologie. "Molte Pmi italiane - segnala però la ricerca - si stanno attivando nella trasformazione digitale, sollecitate dalla forte spinta innovativa che proviene dalle nuove imprese: 481 startup internazionali "smart agrifood" nate dal 2011 ad oggi, di cui 60, ben il 12%, italiane."

L'analisi è stata condotta su 57 casi studio e ha evidenziato che, in termini di attività digitali, il 48% delle soluzioni diffuse è relativo alla mappatura e monitoraggio di terreni e delle coltivazioni; il 42% al monitoraggio e controllo del movimento e delle attività di macchine e attrezzature in campo; il 35% alla gestione dell'irrigazione e fertilizzazione di precisione; il 25% alla gestione dei processi in azienda, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti legati all'impatto ambientale, al benessere degli animali e al rispetto delle tradizioni locali e alla gestione del territorio.

"I soli trattori in Italia generano oltre 1 milione di Gigabyte in un anno, a cui si aggiungono i dati ambientali, di magazzino, degli allevamenti e quelli più generali di carattere aziendale, ma oggi queste informazioni sono scarsamente valorizzate", afferma il direttore dell'Osservatorio, Filippo Renga.

Gli strumenti più utilizzati per migliorare la tracciabilità sono i barcode (39%), gli RFId (Radio-Frequency Identification, (32%) i sistemi gestionali (32%), i Big Data (30%), la tecnologie mobile (21%). Al contrario, le tecnologie innovative come l'IoT e la blockchain sono ancora poco esplorate. I settori più interessati dall'innovazione tecnologica per la tracciabilità sono quello ortofrutticolo (30%), la filiera delle carni (23%), i prodotti lattiero-caseari (14%) e caffè - cacao (12%).

Fonte: Osserva Italia

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