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Conversione al bio: ecco i pro e i contro

Conversione al bio: ecco i pro e i contro

Guardare i propri campi coltivati con dedizione e sacrificio, le vacche nelle stalle, cui si dedica tempo e attenzione, pensare a cosa fare per uscire dalla crisi che ha colpito l’agricoltura e il settore lattiero caseario. La conversione al biologico potrebbe essere una soluzione o quanto meno un aiuto? È la domanda che si è posto Stefano Maestri, che guida assieme al padre Pietro e al fratello Federico, l’azienda agricola che porta i loro nomi. Quell’interrogativo li ha portati a mettersi in moto, con la testa e con le gambe: hanno visitato altre imprese convertite al biologico, cercando di capire i pro e i contro di quel passaggio. Si sono confrontati anche con i consumatori, amici, percependo che da parte loro c’è un grosso interesse per il bio. “Abbiamo visto che per noi era fattibile quel passaggio e ci siamo dati da fare per attuarlo”.

L’azienda agricola Maestri Pietro, Stefano e Federico è stata fondata nel 2013: l’impresa originaria storica è stata frazionata in due fra le famiglie e una parte dal 2013 è gestita da loro. Si trova a Persico Dosimo, in provincia di Cremona: socia della cooperativa Fattorie Cremona, è coinvolta nel progetto Milkcoop Innovation, promosso da Confcooperative Lombardia, per supportare le cooperative lattiero-casearie e i loro soci in processi di crescita e sviluppo. L’allevatore racconta la sua esperienza in una piccola stanza di fianco alla stalla: 160 capi, di cui 90 in lattazione. Coltivano 74 ettari. Il paese è poco distante. Bisogna immettersi in una stradina, abbandonando la strada principale, per entrare nell’azienda. Sulla sinistra la casa colonica: varcando un portone si entra nella grande coorte, di fronte l’abitazione che porta addosso i colori rosso e arancione e tutt’intorno un porticato che tiene al riparo i trattori, vecchi e nuovi.

Maestri parla dei tempi necessari per il passaggio al biologico: due anni per la conversione dei campi, sei mesi per la mandria. “Noi abbiamo fatto domanda prima per i soli terreni, perché è più conveniente - spiega – Si potrebbero fare insieme, terreni e animali, ma dovresti alimentare le vacche con alimenti biologici, vendendo tutto il tuo foraggio. E da un punto di vista economico sarebbe un danno enorme. Il prodotto biologico costa più del doppio”.

Ora sono trascorsi i due anni necessari per la conversione: “Sono stati lunghi e faticosi, pesanti anche a livello di costi perché si produce con le spese del bio, ma il prodotto è ancora convenzionale”, aggiunge l’allevatore.  

Dal 1 luglio l’azienda ha la certificazione di latte bio. Producono latte che Fattorie Cremona trasforma in Grana Padano Dop bio e Provolone Dop biologico.Il Grana Padano deve ancora essere messo in vendita, a differenza del Provolone che è già sul mercato. “Non abbiamo ancora i riscontri oggettivi sulle vendite, ma da quello che abbiamo sentito il prodotto piace. Le aspettative sono alte”, sottolinea l’allevatore.   

Pro e contro
L’allevatore non nasconde i contro della conversione al biologico: “La produzione è diminuita di circa il 30% a capo, questo perché il bio mette un limite nell'uso dei concentrati per l’alimentazione degli animali, 60% foraggi, 40% di concentrati. In questo momento noi stiamo viaggiando al 25% di concentrati. Fin da subito abbiamo cominciato ad alimentare gli animali a secco, non usiamo più gli insilati. È stata una scelta anche dal punto di vista logistico, perché tenere pulito il mais a biologico è un problema. Ne facciamo poco, quel poco va a granella secca fin dove riusciamo teniamo pulito con le macchine, dove non ci riusciamo a mano. È un lavoro pesante”. Sono anche lievitati i costi, “perché il costo razione aumenta”. Inoltre bisogna fare i conti con “i tempi tecnici della conversione”.

Ma lui, il padre e il fratello hanno puntato tutto sui vantaggi che sperano di avere grazie a quella conversione: “Abbiamo deciso di passare al biologico considerato il momento di difficoltà in cui si trovava agricoltura. Quindi speriamo di tornare a guadagnare quello che si guadagnava anni fa. C’è un vantaggio per gli animali, in salute e longevità, la vita dell’animale si allunga e non si fa più il calcolo della quantità di latte prodotta per lattazione, ma per vita dell'animale, si ragiona in modo diverso. Abbiamo diminuito anche l’uso di farmaci, con un conseguente risparmio. E dà una certa soddisfazione vedere anche come sono i prodotti dei campi”.   

Il ruolo della cooperazione
“Quello del bio è un mondo nuovo, ancora tutto da fare, ed è una parte del fascino”, dice l’agricoltore che sottolinea anche il valore aggiunto che si ha nel far parte di una cooperativa, nella quotidianità e quando si operano determinate scelte: “Far parte del sistema cooperativo ci ha dato una grossa mano. Se io fossi stato sul mercato libero, non avrei avuto nessuna tutela e nessun aiuto nel vendere il mio prodotto, mentre essendo socio di una cooperativa questo è avvenuto”.  “Se domani decidessimo di non fare più il biologico – conclude Stefano Maestri – la mia cooperativa acquisterebbe sempre e comunque il mio latte. Per noi far parte di una cooperativa è un paracadute e un sostegno fondamentale”.

 

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