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FAO, l’andamento del mercato lattiero-caseario globale nel 2023

FAO, l’andamento del mercato lattiero-caseario globale nel 2023

In aumento le esportazioni dall’Unione Europea

Calo significativo dei prezzi internazionali, leggero aumento della produzione globale di latte e rallentamento, per il secondo anno consecutivo, del commercio globale: sono queste le principali tendenze del mercato dei prodotti lattiero caseari nel 2023, secondo il Dairy Market Review pubblicato dalla FAO.

Nel dettaglio, i prezzi internazionali del latte hanno registrato un calo soprattutto tra gennaio e settembre 2023, dovuto soprattutto a un rallentamento delle importazioni da parte di alcuni dei principali importatori globali di prodotti lattiero-caseari: in particolare, la Cina ha ridotto l’import di latte intero in polvere (anche in virtù della crescente produzione interna), mentre in molti paesi dell’Asia orientale e del Medio Oriente l’erosione del potere d’acquisto ha rallentato la domanda, creando incertezze che hanno portato a un rallentamento delle importazioni dei derivati del latte. Ulteriore pressione sui prezzi è stata data dall’aumento delle consegne di latte nell’Unione Europea. D’altra parte, gli ultimi tre mesi del 2023 hanno registrato un aumento dei prezzi, dovuto a un calo delle esportazioni da parte di alcuni principali esportatori in Nord America, Europa occidentale e Oceania, dove le consegne di latte sono state al di sotto dei livelli stagionali, che non hanno saputo soddisfare la domanda in crescita in particolare in Europa Occidentale e in alcune nazioni asiatiche. Nel complesso, il FAO Dairy Price Index, l’indice FAO dei prezzi internazionali dei prodotti lattiero-caseari, ha registrato una media di 123,7 punti nel 2023, in calo di 25,8 punti rispetto alla media dell’anno precedente.

Nel 2023, la produzione mondiale di latte ha registrato una crescita del +1,5% rispetto al 2022, attestandosi sulle 965,7 milioni di tonnellate. La crescita è stata guidata in particolare dall’Asia, che conta oggi per il 46% dell’offerta globale di latte. In particolare, la crescita del continente asiatico è stata trainata da India (+2,5% rispetto al 2022) e Cina (+6,6%), per effetto di ampliamento delle mandrie e politiche governative a supporto del prezzo del latte; aumenti importanti sono registrati anche in Pakistan, Turchia, Uzbekistan e Kazakhstan mentre, in controtendenza, si osservano cali di produzione in Giappone e Corea del Sud. In Europa, la produzione di latte è cresciuta del +0,3% rispetto al 2022, guidata soprattutto da aumenti in Russia, Unione Europea e Bielorussia, dove sono stati registrati aumenti di produttività. Nelle Americhe, produzioni in crescita in Sud America e in Centro America, guidate soprattutto da aumenti in Brasile, Messico e, a seguire, Perù e Uruguay, mentre si registra un calo in Argentina per effetto della ridotta disponibilità di alimenti per il bestiame e per la svalutazione della moneta. La crescita delle rese ha portato ad aumenti produttivi anche negli Stati Uniti e in Canada, con un +0,3% complessivo rispetto al 2022. Crescita delle produzioni anche in Oceania (+0,8% rispetto al 2022), dove le buone condizioni al pascolo hanno portato a un aumento delle consegne in Nuova Zelanda, nonostante le difficoltà legate agli eventi meteorologici estremi e alla riduzione del numero di capi, mentre l’affievolimento dei costi degli input e le buone condizioni climatiche hanno sostenuto la produzione australiana. Infine, stabili le produzioni di latte in Africa, dove gli aumenti produttivi in paesi come Tanzania e Kenya - sostenuti dal miglioramento delle rese, dalle buone condizioni climatiche e dalla riduzione dei costi degli input – hanno compensato i cali in Egitto ed Etiopia, dove l’inflazione e il deprezzamento della valuta hanno impattato il consumo interno e, di conseguenza, la produzione.

Per il secondo anno consecutivo, si registra un calo del commercio globale, anche se a un tasso inferiore rispetto al 2022. Le esportazioni di prodotti lattiero-caseari si attestano su un volume di 84,7 milioni di tonnellate (latte equivalente), -1,0% in confronto ai volumi dell’anno 2022, in recupero rispetto al -4,3% registrato tra 2021 e 2022. Il 2023, in particolare, ha visto una forte riduzione delle esportazioni dal Nord America (-11,3% rispetto all’anno precedente) e dagli Stati Uniti in particolare, accanto a cali che hanno interessato altri importanti esportatori mondiali, quali Australia, Turchia e Argentina, mentre cresce l’export da Nuova Zelanda e Unione Europea. Sul lato importazioni, cala sensibilmente l’import dei paesi asiatici (-3,4%), soprattutto da parte della Cina (9,1% annuo), seguita da Indonesia, Filippine, Unione Europea e Giappone.

In merito alle performance registrate dai prodotti lattiero-caseari, si registra una crescita dell’export per il latte scremato in polvere (+2,3% annuo) e dei formaggi (+1,7%), mentre calano le esportazioni di latte in polvere (-1,0%), burro (-3,2%) e siero (-6,1%).

Nel dettaglio dei vari prodotti, il volume del commercio mondiale di burro rimane elevato rispetto agli standard storici, anche se per il 2023 registra un calo in confronto al 2022, dovuto soprattutto alle ridotte importazioni della Cina – stock elevati dopo il forte import dei due anni precedenti - e al calo degli acquisti in Unione Europea e Indonesia. Il calo della domanda globale di burro porta a una riduzione degli export da parte di Stati Uniti, India, Australia e Ucraina. Crescono, d’altra parte, le importazioni in Australia e Arabia Saudita e gli acquisti in Stati Uniti e Canada, per compensare l’insufficiente offerta interna. In generale, le principali sfide legate al mercato del burro riguardano la crescente competizione da parte di prodotti alternativi di origine vegetale, gli alti costi di produzione e le fluttuazioni nell’offerta di latte.

In crescita, invece, il commercio di formaggi, che registra un record con un volume pari a 3,6 milioni di tonnellate nel 2023 (+1,7% su base annua). La crescita, in particolare, è sostenuta dalla domanda in Cina (+15%), Messico, Regno Unito (+5,4%) e Australia, mentre calano le importazioni in Giappone – per il quarto anno consecutivo – e Unione Europea, per effetto di una maggiore disponibilità di prodotto interno e per cali delle esportazioni dal Regno Unito. In crescita le esportazioni da Unione Europea, Nuova Zelanda e Bielorussia.

Poco al di sotto del record storico raggiunto nel 2021 il volume del commercio globale di latte scremato in polvere, che nel 2023 cresce del +2,3% rispetto al 2022, attestandosi sulle 2,7 milioni di tonnellate. La ripresa è da attribuire soprattutto alle importazioni in crescita di Cina e Messico, oltre che da altri paesi di Asia orientale e Medio Oriente, dove gli alti livelli di importazioni sono conseguenti al declino dei prezzi internazionali del latte scremato in polvere. In calo le importazioni in altri paesi come le Filippine, Indonesia e Malaysia; in particolare, nelle Filippine il calo è dovuto alla svalutazione della moneta. Sul fronte export, in crescita le uscite da Nuova Zelanda, Unione Europea e Regno Unito, con la prima principale fonte per Cina e i paesi del Sudest Asiatico e la seconda esportatore verso il Nord Africa e il vicino Oriente. In contrasto, calano le esportazioni da Stati Uniti, Australia e Uruguay, con il prodotto statunitense meno competitivo rispetto a quello neozelandese nei mercati asiatici.

Infine, in calo per il terzo anno consecutivo il commercio globale di latte intero in polvere, che si ferma a 2,4 milioni di tonnellate, -1,0% rispetto al dato 2022 e -14% rispetto al record storico del 2020. Il calo è soprattutto il risultato della continua forte riduzione delle importazioni da parte della Cina (-35,1% rispetto al 2022), che risulta dalla crescente produzione di latte interna, sostenuta dai sussidi governativi al settore. Al calo delle importazioni cinesi si aggiungono anche i ridotti acquisti di Indonesia e Singapore, compensati solo in parte dai maggiori input di latte intero in polvere da parte di paesi come Brasile, Sri Lanka, Arabia Saudita e Malaysia. Il calo delle richieste è risultato nella riduzione dell’export da parte di principali fornitori globali, tra cui Argentina, Australia e Stati Uniti, che hanno visto la propria quota di mercato ridursi a favore di Nuova Zelanda e Unione Europea, più competitive.

Maggiori dettagli nel report allegato.

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