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Qr code sulle confezioni, uno studio Usa svela le esigenze dei consumatori

Qr code sulle confezioni, uno studio Usa svela le esigenze dei consumatori

Nel mondo del food sempre più aziende si stanno attrezzando per aggiungere sulle confezioni dei prodotti un Qr code che permetta ai consumatori di avere informazioni su tutta la filiera. Ma gli acquirenti sono disposti a spendere qualche minuto del loro tempo per scansionare il codice e avere accesso a quelle informazioni? Sì, se hanno a loro disposizione un dispositivo mobile, diverso dal cellulare, che legga il Qr code. No, se devono utilizzare il loro smartphone. Una risposta che sembra contraddittoria e che invece rileva il valore che hanno anche gli strumenti forniti ai consumatori.

Questa risposta emerge da un’indagine compiuta da Kent Messer, professore di economia applicata all'Università del Delaware, che ha recentemente condotto uno studio sui Qr code sugli imballaggi per alimenti per determinare quali passi i consumatori sono disposti a intraprendere per avere informazioni sui prodotti e se diverse tecnologie di etichettatura producono risposte diverse. La ricerca è stata recentemente pubblicata sul Journal of Agricultural and Resource Economics.
I partecipanti allo studio sono stati suddivisi in gruppi, ognuno dei quali ha avuto accesso a dispositivi diversi per avere informazioni ulteriori sul prodotto: informazioni stampate, un link cliccabile e un Qr code con o senza un dispositivo di scansione. I risultati hanno mostrato che il 20% dei consumatori ha avuto accesso a informazioni aggiuntive quando ha potuto cliccare su un link web. Quando, invece, è stato offerto un Qr code, solo l'1% ha usufruito di questo strumento, usando il proprio smartphone. Tuttavia, questo numero è passato a oltre il 50% quando è stato fornito un dispositivo di scansione Qr code ad hoc.
Questa informazione potrebbe rivelarsi di fondamentale importanza, dato che l'industria alimentare Usa si prepara ad adeguarsi alle nuove regole per l’etichettatura degli alimenti contenenti Ogm, emanate dal Dipartimento dell’Agricoltura, che prevedono l’uso della parola “bioengineered”, che però è ancora poco conosciuta dai consumatori. L’indicazione che un alimento contiene ingredienti “bioengineered” dovrà essere apposta sull’etichetta con l’uso della parola o di un apposito marchio. In alternativa, i produttori potranno apporre in etichetta un codice scansionabile con lo smartphone, che rimanda a un link digitale con le informazioni. 

"Le nuove regole entreranno in vigore nel gennaio 2020 per tutte le principali aziende", ha affermato Messer, che è anche direttore del Centro per l'economia sperimentale ed applicata di UD. "Le piccole aziende sono esentate per un anno, ma entro il 2021 tutte le aziende sono tenute a etichettare alimenti bioingegnerizzati. A partire da un punto di vista industriale, le aziende devono sapere cosa vogliono i loro consumatori. Sono al vaglio diverse modalità per fornire loro informazioni, oltre una semplice nota sull'etichetta e questo studio dà indicazioni su qual è la strada da percorrere". 

Sapere che i consumatori possono accedere alle informazioni solo quando è semplice farlo e quando un dispositivo è disponibile potrebbe avere implicazioni anche per i piccoli commercianti. Ad esempio, i negozi potrebbero voler fornire dispositivi QR gratuiti. Gli acquirenti potrebbero scansionare i loro articoli e leggere immediatamente informazioni dettagliate sugli ingredienti o sulla produzione, proprio come le macchine di controllo dei prezzi che già esistono in molte rivendite."I consumatori vogliono sapere cosa c'è nel cibo che acquistano e questo potrebbe essere un modo per offrire loro più informazioni", ha detto Messer. "Ma questo studio suggerisce che, nonostante l'interesse dei consumatori e la richiesta di una nuova legge federale, quando ai consumatori vengono offerte informazioni tramite i Qr code, molti di loro potrebbero non accedervi regolarmente”.

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