La siccità e le ondate di calore nel periodo estivo faranno calare, da qui al 2050, la produzione di mais in Europa, mentre per il frumento è previsto un aumento. È lo scenario prospettato da un gruppo internazionale di ricercatori, di cui fanno parte anche l'Istituto di biometeorologia Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) e l'Università di Firenze e pubblicato su Nature Communications.
“Sono stati analizzati i possibili effetti del cambiamento climatico sulle rese di frumento e mais a livello europeo, utilizzando dieci modelli colturali diversi e valutando, regione per regione, i principali determinanti dei rischi per le produzioni agricole fino al 2050”, ha spiegato Marco Moriondo, ricercatore Cnr-Ibimet.
Mantenendo immutate rispetto al presente le date di semina e le varietà e considerando l’attuale distribuzione di aree irrigate e non, gli studiosi hanno calcolato che la produzione complessiva di mais a scala europea nel 2050 potrebbe diminuire del 20%, mentre per il frumento si potrebbero avere incrementi intorno al 4%. In Italia, gli effetti più evidenti per il mais saranno al Nord, dove gli scenari più pessimistici indicano un calo di resa fino al 15%. Mentre per il frumento il cambiamento climatico potrebbe determinare incrementi omogeni sul territorio nazionale fino al 15%.
"Questa differenza – ha aggiunto il ricercatore - si deve al fatto che il ciclo vitale del frumento si sviluppa a partire dal periodo autunno-invernale e termina quando le condizioni idriche del suolo e le temperature non sono ancora proibitive", beneficiando quindi del previsto aumento di concentrazione dell'anidride carbonica atmosferica. Il mais invece, che è invece una cultura prettamente primaverile-estiva, è esposto a condizioni idriche e temperature che diventano estreme specialmente nel periodo estivo, portando a sensibili diminuzioni di resa rispetto al periodo attuale.
Sarà quindi lo stress idrico, più che quello termico alla fioritura, ad influire sul calo della loro produzione nei prossimi 30 anni. “I risultati di questo studio forniscono indicazioni precise per individuare nuovi modelli di pratiche colturali e di miglioramento genetico delle varietà – ha concluso Moriondo - L’uso di varietà a ciclo lungo per il mais è da sconsigliare, poiché questa pratica esporrebbe ancora di più tale coltura a stress idrico e termico, che si potrebbe evitare con l’anticipo della semina. Viceversa per il frumento, varietà a ciclo più lungo potrebbero essere adottate soprattutto in Nord Europa, per sfruttare maggiormente il periodo ottimale per la crescita”.