Cresce la spesa per i formaggi duri, ma è ancora l’export il fattore trainante per tutto il settore lattiero caseario. Il Rapporto AgrOsserva, curato da Ismea, sulla congiuntura agroalimentare IV trimestre 2019 mette in luce una dinamica positiva per il mercato lattiero caseario nazionale, come si evince dall’indice Ismea dei prezzi all’origine che nel quarto trimestre 2019 è cresciuto del 2,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo andamento è stato determinato dalla ripresa dei prezzi di tutti i principali formaggi della tradizione italiana, soprattutto i duri (+4,8%), che hanno spinto al rialzo anche il prezzo del latte alla stalla.
Sul fronte della domanda interna la spesa delle famiglie si è stabilizzata rispetto al 2018 dopo un lungo periodo negativo. In positivo la spesa per i formaggi duri per i quali si evidenzia una crescita dell’1,6%, grazie a prezzi più sostenuti e minori pressioni promozionali; stabili i molli e i freschi, in leggero arretramento i semiduri. Prosegue inarrestabile la contrazione degli acquisti di latte fresco, con una spesa diminuita del 2,5% nel 2019, a fronte di una tenuta della spesa per l’UHT trainato dal segmento dei delattosati.
Il fattore trainante per il settore è sempre la domanda estera: dopo il rallentamento del 2018, l’export di formaggi e latticini italiani ha ripreso a correre nel corso del 2019 facendo registrare variazioni a due cifre nei primi undici mesi del 2019 sia nei volumi che nei valori (rispettivamente +6 e +11%). In particolare, sono cresciute le esportazioni di Grana Padano Dop e Parmigiano Reggiano Dop (+14,5% in valore e +2% in quantità), Pecorino Romano (+26% in valore e +34% in volume), formaggi freschi (+7% sia in valore che in quantità) e formaggi grattugiati (+17% in valore e +9% in quantità). Da sottolineare la dinamica dei flussi verso gli Stati Uniti, che dopo lo slancio dei primi nove mesi (+40% in valore e +34% in volume rispetto a gennaio-settembre 2018), hanno subito un vero e proprio contraccolpo a seguito dei dazi introdotti lo scorso 18 ottobre (-23% in valore e -25% in volume nel bimestre ottobre-novembre).
Allargando lo sguardo a tutta l’agricoltura, secondo le prime stime, il settore ha chiuso il 2019 con una flessione della produzione (-1,3%) e del valore aggiunto (-2,7%). Come accade ormai da qualche anno, alla base degli arretramenti ci sono state principalmente condizioni climatiche sfavorevoli. Le produzioni che hanno subìto flessioni rilevanti sono state quelle relative a frutta, cereali, zootecnia e uva da vino (che si confronta tuttavia con un’annata 2018 particolarmente abbondante). Al contrario, l’annata 2019 è stata positiva per l’olio ‒ sebbene i livelli produttivi siano ancora molto al di sotto della normalità ‒ e, nel complesso, per patate e ortaggi.
In allegato il Report