Economia e mercati

ISMEA: produzione di latte in frenata per gli alti costi di input e per la forte siccità

ISMEA: produzione di latte in frenata per gli alti costi di input e per la forte siccità

Nel rapporto Tendenze - Lattiero caseario, ISMEA mette in luce gli andamenti del settore nei primi mesi del 2022

Contesto globale ed europeo

Il mercato globale si presenta caratterizzato da forti tensioni sia sui prezzi delle materie prime sia sui listini delle principali commodity lattiero-casearie, infatti, la produzione di latte risulta in calo nei principali paesi esportatori (-0,9% a marzo 2022 e -1,1% nei primi tre mesi dell’anno) a causa dell’aumento dei prezzi degli input e delle avverse condizioni meteorologiche. In particolare, la siccità ha colpito USA, Australia e Nuova Zelanda, ma anche l’Europa, dove ha creato difficoltà proprio nella fase di sviluppo vegetativo delle produzioni erbacee destinate all’alimentazione del bestiame, fatto che potrebbe influire pesantemente sulla disponibilità di foraggi nei prossimi mesi. Nei primi tre mesi del 2022 si conferma la tendenza negativa della produzione di latte nei principali paesi produttori europei (-1,45% in Germania, -1,2% in Francia, -2,3% nei Paesi Bassi). Di fronte alla contrazione dell’offerta e all’aumento dei costi di produzione si è registrato un altrettanto straordinario aumento del prezzo del latte, che continua a salire trainato anche dal rialzo delle quotazioni dei prodotti lattiero-caseari (soprattutto burro e polveri magre), tanto che si prevede che il prezzo medio dell’Ue potrebbe arrivare a superare i 47 euro/100 kg. Riguardo al latte scremato in polvere si assiste, da un lato, alla ridotta disponibilità nell’emisfero settentrionale con conseguente calo delle esportazioni, come quelle dell’UE (-22%), infatti la produzione europea è diminuita a causa dell’aumento dei costi di produzione e alla difficoltà di approvvigionamento di gas (che viene utilizzato nel processo di polverizzazione) da parte di alcuni paesi comunitari, e, dall’altro, alle minori importazioni da parte della Cina (-16% nel primo trimestre 2022), principalmente a causa delle difficoltà logistiche ancora connesse al COVID.  In calo anche la produzione UE di burro (-3,3% nei primi tre mesi del 2022), che, associata alla forte richiesta interna anche grazie alla piena ripresa delle attività di ristorazione, bar e pasticcerie, sta facendo registrate quote mai viste nelle principali piazze di scambio europee (+72% rispetto a maggio 2021). Ugualmente in flessione la produzione UE di formaggi (-0,9%) e, anche in questo caso, le tensioni sul fronte della domanda hanno determinato un significativo rialzo dei listini.

La situazione in Italia

La gestione degli allevamenti nazionali presenta diverse criticità sul fronte dei costi di produzione, a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime destinate all’alimentazione delle bovine (mais e soia in primis). I prezzi degli alimenti zootecnici sono cresciuti sensibilmente a partire dall’inizio del 2021 per motivazioni essenzialmente legate alla disponibilità a livello mondiale, ma con l’aggravarsi della crisi tra Russia e Ucraina nel mese di marzo 2022 sono stati toccati valori tra i più alti degli ultimi dieci anni. Tale aumento dei costi ha spinto gli allevatori italiani a frenare la produzione: dopo il +3,3% realizzato nel 2021, nel mese di febbraio e marzo 2022 le consegne di latte in Italia hanno invertito la tendenza e il cumulato del primo trimestre segnala una battuta d’arresto (-0,2% rispetto alla stessa fra-zione dello scorso anno). Le pressanti richieste da parte dell’industria, anche in considerazione dell’incremento della domanda di formaggi da parte dei clienti esteri, hanno fatto crescere anche i listini del latte spot, che sulla piazza di Milano nel mese di maggio ha esordito con un valore di oltre 53 euro/100 kg (20 euro/100 kg in più rispetto a un anno fa).

Il mercato nazionale

Il mercato nazionale, sotto l’impulso di una domanda globale molto vivace nei primi quattro mesi del 2022 ha evidenziato un balzo in avanti (+14,6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), trainato soprattutto dai formaggi duri (+3% su base tendenziale), dai formaggi molli (+10% su base tendenziale) e, sebbene con un peso ridotto sul paniere complessivo, anche dal burro (+67,9%).

In particolare per i principali prodotti guida del mercato (Grana Padano, Parmigiano Reggiano), la spinta al rialzo è stata generalizzata (vedi grafico sotto).

Scambi commerciali

Per il secondo anno consecutivo, nel 2021 la bilancia commerciale del settore lattiero caseario nazionale è risultata in attivo, soprattutto grazie allo straordinario fatturato realizzato sui mercati esteri dal segmento dei formaggi con 3,6 miliardi di euro di prodotti esportati (+12,3% in valore rispetto al 2020). Le esportazioni di formaggi e latticini italiani hanno continuato a realizzare performance positive e nei primi due mesi del 2022 si registrano variazioni del +22,8% in volume e +26,9% in valore, variazioni tendenziali a due cifre hanno riguardato: Grana Padano e Parmigiano Reggiano (+19% sia in volume sia in valore rispetto a gennaio-febbraio 2021, segnale di una certa stabilizzazione dei prezzi medi all’export), Gorgonzola (+16% in volume e +20% in valore), mozzarella (+28% in volume e +35% in valore) e formaggi grattugiati (+24% in volume e +27% in valore). Considerando l’import, si registrano aumenti per le importazioni di formaggi (+24% in volume nei primi due mesi del 2022), in particolare freschi e grattugiati, di burro (+10,6% in volume) e yogurt (+4,4% in volume). La minore disponibilità di materia prima di alcuni dei principali fornitori europei ha determinato un forte calo delle importazioni di latte in cisterna nei primi due mesi del 2022 (-38,6%). Da notare il ruolo della Slovenia che già dallo scorso anno è progressivamente divenuto il primo fornitore dell’industria di trasformazione nazionale, a discapito del ruolo tradizionalmente assunto dalla Germania.

I consumi

Gli acquisti delle famiglie presso il canale retail risultano in flessione nei primi tre mesi del 2022 (-4,3% rispetto allo stesso periodo del 2021), in corrispondenza di una contrazione meno che proporzionale della spesa (-2,3%), segnale di un deciso aumento dei prezzi medi al consumo (+2,1%). Nel dettaglio, le flessioni più rilevanti dei consumi si registrano per il burro (-15% in volume rispetto a gennaio-marzo 2021). Con il progressivo ritorno alla routine (il rientro in ufficio, la ripresa della scuola in presenza e la riapertura di bar, ristoranti e pizzerie) c’è meno spazio per la colazione a casa e si ritorna a una forte riduzione anche degli acquisti di latte, sia uht sia fresco; solo per le referenze “senza lattosio” permane un forte interesse da parte dalle famiglie italiane evidentemente per assecondare esigenze di salute. Legate alla ricerca del benessere anche le dinamiche del segmento bio, che proprio per il latte fresco ha fatto registrare una controtendenza (+0,8% in volume nel primo trimestre 2022). Significativa anche la contrazione dei consumi di formaggi (-5,7% in quantità), ma che risulta meno intensa per i formaggi duri, probabilmente grazie a un maggiore ricorso alla leva promozionale nei punti vendita. In flessione anche i consumi di yogurt (-5,4% in quantità), sebbene si tratti di un comparto che tende a innovarsi velocemente per soddisfare nuove esigenze dei consumatori, come nel caso di alcuni big player globali che, oltre a continuare a investire sulle soluzioni “senza lattosio”, stanno introducendo prodotti ad hoc per soddisfare la domanda di alimenti proteici adatti agli sportivi o a soggetti che seguono diete particolari.

Prospettive

Infine Ismea prevede che la tensione sul mercato lattiero-caseario nazionale dovrebbe continuare a mantenersi su livelli elevati con prezzi sostenuti da una domanda molto vivace per i formaggi, soprattutto da parte dei compratori esteri, e dalla produzione di latte che si avvia verso il calo stagionale dei mesi estivi. Per gli allevamenti nazionali la situazione si prospetta complessa sul fronte dei costi di produzione, in particolare rispetto alla disponibilità di mangimi e foraggi a prezzi competitivi. La siccità, che già a partire dal mese di gennaio ha colpito le zone più vocate, ha compromesso i raccolti di loietto, frumento e orzo e la difficoltà di irrigazione potrebbe avere riflessi negativi anche sulle future disponibilità di mais. La produzione nazionale di latte potrebbe, quindi, subire una contrazione importante nella seconda parte dell’anno, con conseguente difficoltà nell’approvvigionamento di materia prima da parte dell’industria di trasformazione, considerando anche l’andamento della produzione degli altri paesi europei.

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