Le chiamano Dark Kitchen, cucine nascoste, segrete, senza sala ristorante, talvolta domiciliate in luoghi anonimi, posti che nessuno vedrà mai, ma in cui si spadella, si cuoce, si preparano menù, anche di ottimo livello, che verranno poi consegnati e consumati. Altrove. Perché queste cucine, ultimo trend nel campo della ristorazione, sono l'evoluzione del food delivery. L'unico collegamento fra i cuochi e il cliente è digitale. Un'app smista le richieste e organizza le consegne, affidandosi ai big del settore, da Deliveroo a Uber Eats, sempre più richiesti anche in pausa pranzo.
In pratica sono grandi cucine attrezzate che inizialmente sono state condivise da diversi ristoranti, ognuno dei quali ha mandato uno chef ad operare nella dark kitchen accanto ad altri cuochi. Ognuno si è dedicato a preparare i piatti più richiesti del proprio menu in modo da rispondere efficacemente alle richieste dei clienti che ordinano da casa e ottimizzare così anche il lavoro di coloro che consegnano i pasti. Inizialmente questo è stato l'approccio e l'obiettivo delle dark Kitchen. Ma il trend si è già evoluto e si è arrivati all’espansione del business anche in altre città, diverse da quelle in cui ha sede il ristorante: aprire solo una cucina in altri posti, garantendo però la stessa qualità che si ha nel ristorante d'origine. Perché dietro ai piatti ci sono spesso cuochi conosciuti o comunque già apprezzati. Oppure nutrizionisti ed esperti in grado di preparare menù sani e nutrienti.
In alcune città, come Londra, si stanno già a diffondendo. In Italia, è stata Milano a fare da aprispista con Rose & Mary, di origine londinese e ora il servizio, garantito da cucine centralizzate "chiuse" in cui non si recano i clienti e che non prestano servizio di chef a domicilio, è attivo anche all'interno dell'azienda di commercio elettronico Amazon e dovrebbe arrivare in autunno pure a Roma, in altre realtà imprenditoriali.
“Le Dark Kitchen rappresentano la vera rivoluzione del nostro settore. Nel nostro ‘vecchio’ mondo servivano ingenti investimenti per costruire un ristorante e un marchio che potesse soddisfare e fidelizzare molti clienti. Nel mondo digitale, questi parametri sono completamente diversi e cambieranno il nostro punto di vista su come investire nel settore della ristorazione”, ha spiegato Mario Bauer, imprenditore esperto del settore della ristorazione, Brand Ambassador del gruppo AmRest & Teddy Bear, che ha coordinato la sessione ‘Dark Kitchens: Redefining the Rules for Food Players’ (Dark Kitchens: Ridefinire le Regole per i Player del Food), che si è svolta ieri a Milano, all'interno dell’evento Mapic Food (in programma ieri e oggi) incentrato sull'analisi delle principali tendenze che stanno trasformando le destinazioni food & retail.
Il risparmio per chi decide di operare con una dark kitchen è evidente: a cominciare dall'assenza di una sala, passando per i costi del personale e delle attrezzature. La digitalizzazione del servizio, inoltre, facilita la raccolta di su preferenze e profili dei clienti e questo, a sua volta, agevola economie di scala. Insomma, il business non manca, tanto che futuro del mondo della ristorazione potrebbe essere già qui.