Il Report Ismea sulle tendenze del settore lattiero caseario mette in luce che per il mercato nazionale la situazione rimane critica: l'indice Ismea dei prezzi all’origine dei prodotti ha mostrato un calo del 9,7% rispetto allo scorso anno
Segnali di ripresa, seppur timidi, per il mercato lattiero caseario mondiale, anche se i fattori di incertezza legati alla seconda ondata di diffusone del coronavirus rendano particolarmente complesse le previsioni anche sull’evoluzione a breve termine: viene sottolineato, nero su bianco, nel Report Ismea sulle tendenze e dinamiche recenti del settore lattiero caseario.
Per quanto riguarda i formaggi, la situazione del mercato internazionale è in evoluzione: gli incrementi dei listini avvenuti nel corso dell’estate hanno consentito di riposizionarsi sui livelli medi dello scorso anno (poco più di 3 euro/kg sul mercato tedesco). Oltre agli aiuti all’ammasso (le misure sono state introdotte in via emergenziale dalla Commissione europea), è stata soprattutto la vivacità della domanda globale a sostenere il mercato europeo. Le esportazioni UE di formaggi sono aumentate verso tutte le principali destinazioni (+11% nei primi sette mesi del 2020, escludendo la destinazione UK), a eccezione degli USA (- 11%).
I prezzi internazionali del burro hanno raggiunto in media i 3,50 euro per chilogrammo a fine settembre, seguendo un trend costante di crescita, anche in questo caso grazie agli aiuti all’ammasso e a una forte pressione della domanda mondiale. In risalita anche il prezzo medio ponderato del latte alla stalla: dopo essere sceso a 32,6 euro al quintale in giugno, è progressivamente aumentato sino a raggiungere i 33,4 euro al quintale (stima) per il mese di settembre.
Ma non mancano le criticità, soprattutto guardando al futuro a medio termine su cui pesano le possibili ripercussioni sulla domanda dovute all’inasprimento delle misure restrittive per il contenimento della nuova ondata di Covid-19. Sulla possibile tenuta dei prezzi potrebbe incidere, poi, l’aumento dell’offerta di latte su scala mondiale. La produzione di latte sta per entrare nella fase di picco nell’emisfero australe, dove non si segnalano particolari anomalie e i dati cumulati da gennaio a agosto indicano un +1% per la Nuova Zelanda e un +5% per l’Australia. Crescita della produzione anche negli Stati Uniti (+1,8% nei primi sette mesi 2020) e nell’UE27 (+2%). Tutti i principali Stati membri hanno contribuito all’aumento delle consegne, in particolare Belgio (+4,3% nel periodo gennaio-luglio), Italia (+4,0%), Irlanda (+3,8%), Polonia (2,7%), Paesi Bassi e Spagna (entrambi +2,2%).
Il MERCATO NAZIONALE
Ad agosto e settembre, grazie alle riaperture dei canali Horeca, unite all’attivazione delle misure emergenziali di ritiro dal mercato (aiuti all’ammasso e distribuzione agli indigenti) si è registrata una lieve ripresa del settore nel mercato nazionale, ma Ismea mette in luce che la situazione rimane critica.
Indice dei prezzi all’origine
Nel periodo gennaio-settembre, infatti, l’indice Ismea dei prezzi all’origine dei prodotti lattiero caseari ha mostrato complessivamente un calo del 9,7% rispetto allo scorso anno, principalmente a causa della progressiva flessione dei listini dei formaggi duri (-14,9%) e del latte alla stalla (-8,6%). Emergenza sanitaria, crollo dell’out of home e conseguente caduta dei prezzi dei formaggi grana hanno portato, alla fine dell’estate, a un rinnovo al ribasso per i contratti di fornitura all’industria da parte degli allevatori della Lombardia, che rappresenta la regione con la maggior produzione in Italia e il punto di riferimento per le trattative a livello nazionale: l’accordo, confermando anche l’indicizzazione per il 30% al prezzo del Grana Padano, ha definito un livello di partenza per il prezzo del latte crudo di 36,5 centesimi al litro nel mese di settembre (era 41 cent/litro un anno fa) per poi scendere alla fine dell’anno a 35 centesimi. L’abbondante disponibilità di materia prima ha inciso negativamente sulla fissazione del prezzo alla stalla, le cui prospettive sono in ulteriore diminuzione – anche per il 2021 – e la redditività degli allevamenti si assesta su livelli di criticità nonostante il contenimento dei costi di produzione.
Mercato all’ingrosso
Per quanto riguarda il mercato all’ingrosso, nonostante il cambio di rotta evidenziato a fine settembre e nelle prime settimane di ottobre per i principali prodotti guida, con il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano arrivati rispettivamente a 8,76 euro/kg e 6,38 euro/kg, permane il divario netto rispetto ai livelli di prezzo di un anno fa. Per entrambe le Dop, in corrispondenza di una frenata dell’export e di una mancata ripresa dei consumi fuori casa a causa della ridottissima stagione turistica, i mesi estivi hanno rappresentato il momento di maggiore difficoltà dall’inizio della pandemia. Nel contempo sono risultate in aumento anche le relative produzioni: +2,2% per il Padano (nel periodo gennaio-settembre 2020), nonostante le forti contrazioni realizzate nei mesi di agosto e settembre, e +5,3% per il Reggiano. In generale, il mercato interno è risultato ulteriormente appesantito dal forte rallentamento delle esportazioni di formaggi e latticini determinato dalle difficoltà logistiche nella movimentazione delle merci e dal protrarsi di restrizioni e chiusure nella ristorazione estera, che rappresenta il canale di sbocco prioritario per i caseari made in Italy. Dopo gli importanti risultati del 2019 (+ 6,3% in volume e +11,2% in valore), infatti, le vendite oltreconfine di formaggi e latticini italiani hanno fatto registrare nei primi sette mesi del 2020 un timido +0,6% in valore e un +3,1% dei volumi, segnale di prezzi all’export in ripiegamento rispetto allo scorso anno. In sensibile diminuzione anche le importazioni di formaggi (-10% in volume e in valore).
Consumi
Nel corso del 2020, sulla scia di quanto verificatosi per l’intero comparto alimentare a seguito del diffondersi dell’emergenza Covid, anche le vendite di lattiero caseari sono risultate in netto rialzo rispetto a quanto verificatosi lo scorso anno (+8,6% nel periodo gennaio-agosto). La dinamica positiva ha interessato tutte le referenze, ad eccezione del latte fresco che ha trovato poco spazio nel carrello degli italiani anche durante l’emergenza Covid. Tuttavia, l’evoluzione repentina dello scenario pandemico e le ultime restrizioni introdotte a livello nazionale al fine di limitare la diffusione dei contagi (chiusura anticipata dei locali, riduzione del numero di commensali, contingentamento delle presenze a eventi e cerimonie, ecc.) potrebbero appesantire lo scenario già molto critico del food service, a cui molto verosimilmente andranno ad aggiungersi le scelte in chiave convenience da parte delle famiglie in crescente difficoltà economica.
In allegato il Report
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